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17 Agosto 2020

Omelia di S.E. Mons. Giovanni Checchinato in occasione della Messa per l’ordinazione Presbiterale di don Mario Ardolino

Iniziamo con questa celebrazione la grande festa dell’Assunzione al Cielo della Beata Vergine Maria, una occasione che ci fa levare gli occhi al cielo, per scrutare nel futuro di Maria il nostro futuro, ma che ci offre anche le ragioni della nostra speranza, che sono racchiuse nella storia del nostro oggi. Nel prefazio della messa pregheremo dicendo: “Tu non hai voluto che conoscesse la corruzione del sepolcro colei che ha generato il Signore della vita”. La storia del nostro oggi è la costruzione del nostro futuro perché il Signore valorizza il piccolo bene delle nostre vite trasformandolo in materiale prezioso con cui costruisce l’eternità. E così, l’aver portato in grembo l’Emmanuele ed averlo accompagnato nel suo percorso familiare ed umano ha permesso a Maria di essere riconosciuta “beata” non solo dalla donna che così la acclama (come abbiamo sentito nel Vangelo), ma anche dal Signore che ha permesso che -prima fra tutti i credenti- Maria facesse parte della storia futura dell’umanità, nella “tenda di Dio con gli uomini” dove Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio”. Una tenda dove “verrà asciugata ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”. Contemplando questo mistero veniamo a scoprire che Maria è il più sensazionale modello di vita cristiana che noi conosciamo e che abbiamo bisogno di imparare da lei tutti, nessuno escluso.

Maria ci insegna l’ascolto. Davanti alla beatitudine di una donna del popolo nei confronti di sua madre, Gesù sembra correggere il tiro, ricordando la priorità dell’ascolto e del mettere in pratica il Vangelo. In realtà Gesù non sta facendo altro che ricordare una caratteristica della madre, quella dell’ascolto e del servizio, che le riconosce come tratto proprio, e che è prioritaria rispetto ad ogni altra logica. Maria è donna dell’ascolto e del servizio e lo sappiamo bene dai molti passi del Vangelo in cui ci viene descritta in ascolto dell’Angelo annunciatore e in ascolto del bisogno della parente incinta che va a soccorrere, in ascolto delle parole del Figlio che talvolta non comprende, ma che custodisce gelosamente nel suo cuore, meditandole. E’ in ascolto del bisogno degli sposi di Cana per i quali intercede, in ascolto del grido lacerante del Figlio appeso sulla croce, del quale ascolta le ultime parole, così come dello smarrimento dei discepoli che nel cenacolo vengono sostenuti dalla preghiera fatta insieme a lei, in attesa della Pentecoste. Ascolto ha la stessa radice di accoglienza: chi sa ascoltare davvero sa fare spazio dentro il proprio cuore per gli altri, i loro bisogni, le loro gioie e i loro dolori, sa condividere e mettersi a servizio senza giudizi, senza pretese o attese, semplicemente servendo. In totale e piena gratuità e in totale e piena verità; non suonano strane o orgogliose le cose che Maria sa dire di sé: “sono la serva del Signore” a Nazareth e “ha guardato all’umiltà della sua serva” in occasione dell’incontro con la parente Elisabetta. Questa dimensione dell’ascolto e del servizio è qualcosa che Maria insegna davvero a tutti. Ma certamente dice qualcosa di particolare a coloro che scelgono una strada di totale consacrazione a Dio: e Maria insegna ai consacrati ad ascoltare e a servire. Caro Mario, ecco una caratteristica del ministero che stai assumendo: ascoltare e servire. Già sai per esperienza, ma imparerai ancor più col ministero che l’ascolto vero non è affatto semplice: siamo così costruiti dalle nostre esperienze e dai nostri saperi che quando ci mettiamo all’ascolto di qualcuno rischiamo di comportarci come quell’artigiano che vuole mettere le pitture di grandi artisti riprodotte su tela dentro alle sue cornici, e se le tele non entrano non esita a tagliarne parti anche considerevoli, procurando così danni enormi. Le persone che vivono accanto a noi sono, come noi del resto, fatte di fango e di luce, di terra e di cielo, di peccato e di grazia: ascoltare significa sbilanciarsi sui loro vissuti, provando e riprovando a capire la loro vita, provando e riprovando ad essere specchio fedele di quanto dicono e di quanto sentono dentro il cuore per poter offrire loro la consapevolezza del proprio percorso e per poter diventare quello che il Signore desidera per loro e per ogni persona, scegliere nella libertà. Un cristiano vero, che ha dato la sua vita per il Signore nei campi di concentramento nazisti dell’ultima guerra mondiale scriveva così: “I cristiani, e specialmente i predicatori, credono spesso di dover sempre “offrire” qualcosa all’altro, quando si trovano con lui; e lo ritengono come loro unico compito. Dimenticano che ascoltare può essere un servizio ben più grande che parlare. Molti uomini cercano un orecchio che sia pronto ad ascoltarli, ma non lo trovano tra i cristiani, perché questi parlano pure lì dove dovrebbero ascoltare. Chi non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà neppure più ascoltare Dio; anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare”. Il primo dono che insieme alla comunità diocesana chiediamo al Signore per te in questa occasione è proprio quello dell’ascolto e del servizio.

Maria ci insegna a custodire il nostro cuore. Nel testo del libro delle Cronache abbiamo ascoltato la narrazione della festa essenziale e sobria che viene organizzata per l’Arca che contiene le “dieci parole” scritte da Dio sulle tavole della Legge. Maria è simbolicamente avvicinata a quell’Arca perché così come quella custodiva il segno dell’Alleanza di Dio con Israele, così il suo grembo ha custodito il Figlio di Dio, nuova ed eterna alleanza di Dio con l’umanità. Certamente, come preghiamo nelle litanie Maria è “Foederis Arca” perché ha generato e portato in grembo il Figlio di Dio, ma prima di permettere che fosse generato nel grembo, Maria ha permesso che fosse generato nel suo cuore. E’ sant’Agostino che ce lo ricorda: “L’angelo disse a Maria: lo Spirito Santo scenderà su di te; su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo; colui dunque che nascerà da te sarà santo e chiamato Figlio di Dio. E dopo che l’angelo ebbe detto così, essa, piena di fede e concependo Cristo prima nel cuore che nel grembo, rispose: Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me secondo la tua parola”. Abbiamo bisogno di custodire il cuore rendendolo dimora sicura dei nostri ricordi, dei nostri affetti, della gratitudine che sentiamo verso il Signore e verso tutti, ma abbiamo bisogno di custodirlo anche dai tentativi di occupazione abusiva da parte del nostro orgoglio, della presunzione, del sentirci al centro al mondo e di tutte quelle tentazioni che lo rendono un posto poco adatto ad essere grembo per il Signore e lo trasformano piano piano in un centro autoreferenziale in cui non c’è posto se non per il nostro io. Chi sa custodire il proprio cuore sa passare indenne anche attraverso le battaglie più brutte senza ferirsi, sa passare per il fango della storia senza sporcarsi, sa essere trasparenza di Dio in ogni situazione. Chiedo allora come secondo dono per te la custodia del cuore.

Maria ci insegna a vivere bene. Una vita vissuta secondo lo Spirito e non secondo la legge. Non perché non si sentisse sottomessa alla legge dei Padri, ma perché sapeva nel suo cuore che se la Legge esprime il minimo richiesto lo Spirito ci conduce invece al massimo possibile. Ed è così che Maria si trova a vivere una storia piena di contraddizioni per la Legge di Israele, la più grande delle quali è il suo concepimento verginale, che costringerà l’evangelista Matteo, che si accinge a scrivere la genealogia di Gesù, a cercare nella storia di Israele altre donne “particolari” per giustificare la sua originalità. La storia di un parto avvenuto fuori dall’accampamento e di una visita inusuale fatta da persone che per statuto professionale erano considerate impure. La storia di un’altra visita di personaggi strani e misteriosi che portano doni che blandiscono il cuore ma nello stesso tempo mettono in agitazione. Un messaggio strano e ruvido ricevuto da vecchietti del tempio e la fatica della fuga in un paese straniero e pagano. In tutto questo c’è una fedeltà radicale nella vita di Maria rappresentata dalla sua adesione a Dio, una adesione senza limiti e senza stratagemmi o sofismi, che le permettono di riconoscere la presenza del Signore nella storia, nella sua e in quella di tutti gli uomini, e di adorarla. Scriveva nel suo diario un’altra vittima della barbarie nazista: “Non sono i fatti a contare nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa”. Chi si è abbandonato al Signore, non teme più nulla, ha fatto la sua scelta, ha trovato il suo centro di gravità permanente, e i fatti, belli o brutti diventano importanti “tanto/quanto” ci servono a incontrare meglio il Signore. Sono sicuro che durante i tuoi esercizi spirituali hai meditato approfonditamente su questa espressione “tanto/quanto”, che proviene proprio dal “principio e fondamento di sant’Ignazio: Maria senza conoscere quell’espressione ha vissuto proprio così e mi piace pensare sulle sue labbra questa preghiera: “Prendi, Signore, e ricevi tutta la mia libertà, la mia memoria, la mia intelligenza e tutta la mia volontà, tutto ciò che ho e possiedo; tu me lo hai dato, a te, Signore, lo ridono; tutto è tuo, di tutto disponi secondo la tua volontà: dammi solo il tuo amore e la tua grazia; e questo mi basta”. Chi sa dire con la vita, oltre che con le labbra queste parole sa vivere bene. Ed è il terzo dono che chiediamo per te, in questo giorno speciale: saper vivere bene, affidato al Signore che ti ha chiamato a stargli vicino in modo tutto speciale.

Santa Maria, donna feriale, aiutaci a comprendere che il capitolo più fecondo della teologia non è quello che ti pone all’interno della Bibbia o della patristica, della spiritualità o della liturgia, dei dogmi o dell’arte. Ma è quello che ti colloca all’interno della casa di Nazaret, dove tra pentole e telai, tra lacrime e preghiere, tra gomitoli di lana e rotoli della Scrittura, hai sperimentato, in tutto lo spessore della tua naturale femminilità, gioie senza malizia, amarezze senza disperazioni, partenze senza ritorni. Santa Maria, donna feriale, liberaci dalle nostalgie dell’epopea, e insegnaci a considerare la vita quotidiana come il cantiere dove si costruisce la storia della salvezza. Allenta gli ormeggi delle nostre paure, perché possiamo sperimentare come te l’abbandono alla volontà di Dio nelle pieghe prosaiche del tempo e nelle agonie lente delle ore. E torna a camminare discretamente con noi, o creatura straordinaria innamorata di normalità, che prima di essere incoronata Regina del cielo hai ingoiato la polvere della nostra povera terra.

OMELIA DI S.E. MONS. GIOVANNI CHECCHINATO IN OCCASIONE DELLA MESSA PER L’ORDINAZIONE PRESBITERALE DI DON MARIO ARDOLINO