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09 Maggio 2025

OMELIA DI S.E. MONS. GIUSEPPE MENGOLI IN OCCASIONE DEL PONTIFICALE IN ONORE DI MARIA SS. DEL SOCCORSO. 08 MAGGIO 2025

CATTEDRALE DI SAN SEVERO

8 MAGGIO 2025

OMELIA NEL PONTIFICALE DELLA FESTA DELLA MADONNA DEL SOCCORSO

A San Severo, in questi giorni, l’aria è cambiata. Con l’approssimarsi della festa della Madonna del Soccorso c’è stato e continua ad esserci un crescente movimento popolare che non può essere capito se non dall’interno. E non è difficile farsi coinvolgere dall’entusiasmo che in diverso modo coinvolge davvero tutti. Tant’è, che si coglie anche la diffusa necessità di relazioni più aperte, di amicizie più serene. Ci riconosciamo uniti dalla devozione alla Vergine e siamo fiduciosi che Lei, in qualche maniera, possa starci accanto e possa soccorrerci.

Nelle preghiere della liturgia di oggi, tuttavia, uno degli aspetti che sorprende di più è il costante riferimento alla lotta. Un richiamo che un po’ ci spiazza, forse perché, venendo in chiesa o preparandoci alla festa di oggi e ai giorni che seguiranno, siamo più spontaneamente portati a soffermarci agli aspetti festosi dello stare insieme e della stessa fede.

Perché allora questa sottolineatura che, a prima vista, potrebbe sembrare addirittura inappropriata? Nonostante i vari tentativi di anestetizzare la lotta quotidiana, sappiamo bene, tuttavia, che essa appartiene al nostro vissuto, al vissuto di tutti e che, di conseguenza, non possiamo affatto rimuoverla. La stessa esistenza senza il travaglio del combattimento quotidiano non potrebbe essere nemmeno ipotizzata.

A volte, della lotta non ne parla solo chi è già rassegnato e preferisce accomodarsi su ciò che succede, rinunciando a essere protagonista.

Noi, però, vogliamo stare su un sano realismo, purché questo non diventi come le sabbie mobili, spietate nell’ingoiare la volontà di scegliere e, in ultima istanza, di vivere.

Il presupposto che ci viene dalla fede, allora, è che la pace, la serenità, la vittoria arriveranno, ma prima c’è una lotta da combattere. E sappiamo bene che per tutti, la più grande lotta è tra amare e non amare.

In questa lotta ci siamo noi che a volte riusciamo a restare in piedi, nonostante le ferite, e in altre cadiamo, invece, in un buio ripiegamento che sa di sconfitta.

In questa lotta è coinvolta la Chiesa che, pur consapevole dei grandi doni di cui è arricchita, conosce non di meno la fatica di vivere la radicalità del vangelo.

E in questa lotta scopriamo oggi che è coinvolta anche la Vergine Maria, che combatte non per se, ma per noi, pronta a soccorrerci come fa una madre con i suoi figli. Vien da sé che perché il suo intervento possa essere per noi efficace è davvero decisivo darle la possibilità di raggiungerci. L’apertura del cuore verso di lei è inderogabile. Un nostro atto di affidamento a lei è necessario. Solo così Lei ci insegnerà e ci aiuterà a credere nel Signore e, con la sua costante presenza, ci genererà a vita nuova donandoci lo Spirito. Da qui il valore dell’insistente supplica del “prega per noi” che a volte rischiamo di ripetere stancamente, ma che è l’umile espressione di chi sta chiedendo aiuto davanti al possibile rischio di sciupare il grande tesoro della vita.

Torniamo per un attimo alla dimensione della lotta, del combattimento per entrare in merito e per capirne i termini.

Noi affrontiamo ogni giorno la lotta perché non vogliamo urlare il non senso, come nel famoso quadro di Munch, e perché a quel grido, in un radicale cambio di prospettiva, vorremmo sostituire il canto del Magnificat, per intrecciare la lode e il ringraziamento.

La sfida quotidiana è quella di non rimanere incastrati nelle mezze misure, accontentandoci di vivere nella mediocrità. E soprattutto vorremmo essere disposti a lottare con tutto noi stessi per evitare che qualcosa o qualcuno sciupi o distrugga con il male e con la perversione il meraviglioso progetto della vita.

Ogni nostro sforzo è finalizzato per vivere nella Verità che è sempre uguale “ieri oggi e sempre” ed è Gesù Cristo vivo e vero, evitando di subire, nostro malgrado, la delusione di vedere che “niente resta” e che tutto non è altro che una momentanea illusione, preludio di quel “nulla eterno”, preconizzato dal famoso poeta (Leopardi).

Né vogliamo aggrapparci con tutte le forze che abbiamo, solo su un presente assolutizzato, dovendo ammettere, tuttavia, che non saremo mai in grado di fermare il tempo. Vogliamo lottare perché non vogliamo credere che in questa esistenza siamo stati illusi, con l’errata convinzione di essere abbandonati in balia del nostro destino.

Non ci rassegniamo a un mondo abbruttito dal peccato e lottiamo affinché la luce della grazia diradi le tenebre del male.

Siamo disposti a batterci strenuamente affinché nessuno giunga ad ammettere che la vita sorride solo per i più forti, escludendo i deboli e gli indifesi. Se la vita, infatti, è un dono per tutti, non può, poi, essa stessa rigettare qualcuno come indesiderato, come inopportuno. Essa, infatti, è un dono per tutti e non un privilegio per pochi.

In quante situazioni dentro e fuori di noi siamo chiamati a lottare, ma per nessuna ragione al mondo vogliamo credere di essere arrivati alla capitolazione, nemmeno quando il conto da versare è alto.

Cosa ci insegna, allora, la nostra fede?

Ci insegna che la lotta non è finita, ma che siamo già vincitori, se lo vogliamo. Siamo vincitori perché non siamo soli. E ce lo dice la Vergine Maria con la sua presenza. Lei, creatura come noi, conosce bene le nostre fragilità e ci esorta a non dimenticare mai che siamo amati di un amore infinito. Un amore che si è svelato per sempre nel paradosso della croce e che da quel momento ci raggiunge fin nella parte più intima di noi stessi. Maria stessa si è sentita amata così e ha compreso che di quell’amore era diventata un riflesso luminoso, un riflesso così potente che, superando ogni barriera, giunge fino a noi, riscaldandoci il cuore. In Maria, poi, non è difficile trovare il suo segreto, quello, cioè, di essere un tutt’uno con suo figlio Gesù. Chi incontra Maria o, ancora meglio, chi si lascia raggiungere da lei, entra sul serio in una gioiosa relazione con il Signore che in sordina è già presente e che attende solo che gli si apra con fiducia la porta del cuore.

Maria, così, non ruba mai la scena a Gesù e anche oggi, come nell’episodio del vangelo, si mette affianco a noi e in maniera accorata ci esorta solo a fare tutto ciò che ci dice il Signore.

Una esortazione lapidaria, essenziale che risentiamo stasera, nella quale sono due i punti deboli o che, a ben vedere, possono diventare forti e fare la differenza.

Il primo: “Qualsiasi cosa vi dica”. Maria ci riconduce alla radice della nostra fede, che è l’ascolto. Ascolto sì, allora, ma di tutto ciò che Dio ci dice e non solo di ciò che ci conviene. Un ascolto, inoltre, che coinvolga tutto noi stessi, perché ciò che il Signore ci dice non rimanga nel bagaglio delle nostre belle idee spirituali. L’ascolto, infatti, è un’esperienza che solo nella misura in cui diventa totalizzante è in grado di rinnovare dal di dentro. Ma quanto è difficile ascoltare fino in fondo, ascoltare fino alla fine, tanto siamo presi dalle istintive reazioni di voler dire subito la nostra, prendendo dall’altro solo quello che decidiamo in cuor nostro. L’ascolto vero del Signore è rivelativo del livello del rapporto che abbiamo con lui. Poi, che il Signore ci parli non può essere ridotto a una questione normale, a una specie di scontata o, peggio, di dovuta possibilità. La sua parola è rivolta proprio a ciascuno di noi. La sua parola è vita. È amore. È consolazione. È salvezza.

Il secondo aspetto della preziosa esortazione di Maria è quel concretissimo “fatelo”. Sì, Maria, anche quando la raffiguriamo come regina, come incoronata, non è mai dissociabile dal fatto che lei è stata sempre una persona molto concreta e consapevole che è proprio nell’appuntamento con la concretezza dell’esistenza che si può finalmente realizzare la risposta di ciascuno. Così, amare la propria terra, amare il proprio territorio, amare la propria esistenza e quella delle persone che il buon Dio ci ha messo accanto significa capire che nel piccolo spazio in cui esattamente ci troviamo, nel qui e ora, siamo chiamati a realizzare il grande progetto di Dio su di noi. La rassicurante certezza a riguardo è che il soccorso di Maria non mancherà mai e che La presenza del Signore è per sempre.

Oggi, infine, è giorno di suppliche…

Non dimentichiamo, però, che è la Vergine Maria a supplicarci per prima, come già fece il padre misericordioso quando si rivolse al figlio maggiore che nel suo orgoglio pensava di essere nel giusto, rimanendo al di fuori della festa preparata per il ritorno di suo fratello. Maria si rivolge a noi e con il tatto e con il garbo di una madre ci supplica, ci ripete senza stancarci: “Tutto quello che egli vi dirà, fatelo”.

“Fatelo”: “fare”, agire in nome di Dio significa costruire e non distruggere; unire e non dividere; amare e non odiare; servire e non imporsi ad ogni costo; donarsi fino al sacrificio e non estorcere il sacrificio degli altri, essere giusti e non faziosi; veri e non menzogneri; essenziali e non effimeri, attenti e non accecati dal proprio io, testimoni silenziosi e non parolai a buon mercato, provati e non paurosi di immergersi nella vita, felici e non uggiosi, capaci di lode e non lamentosi, pronti più alla gratitudine che al giudizio.

Tante sono le piste che si aprono davanti a noi, tutte appassionanti, tutte vincenti anche se non sempre agli occhi del mondo. Se Maria è presente, muoversi insieme come fratelli e sorelle renderebbe simili percorsi sicuramente meno faticosi perché saremmo aiutati da chi ci sta accanto.

Un’ultima considerazione. Ormai porteremo con noi stasera l’esortazione della Vergine: “Qualsiasi cosa egli vi dica, fatela”, ma, per favore, non fermiamoci alla frase nuda e cruda, quasi fosse una semplice regola spirituale, anche se preziosa: pensiamo anche allo sguardo, ai suoi occhi, al suo abbraccio, al tono della sua voce, al calore della sua presenza, alla sua apprensione… pensiamo alla viva presenza della Vergine Madre cioè che è davvero qui e che ci ama nella nostra preziosa unicità. Sotto questo aspetto, anche la statua messa solennemente in trono sullo sfondo dell’altare maggiore può aiutarci, a patto che il nostro sguardo intercetti i suoi occhi, il nostro cuore il suo.

La nostra risposta alla sua supplica? Non sarà mai all’altezza, lo sappiamo. Animati tuttavia da sincera fiducia ci rivolgiamo a Lei e la supplichiamo perché ci insegni a combattere, ci ricordi che non siamo mai soli e non permetta che la sua supplica di mettere in pratica il vangelo cada invano.

+ don Giuseppe

OMELIA DI S.E. MONS. GIUSEPPE MENGOLI IN OCCASIONE DEL PONTIFICALE IN ONORE DI MARIA SS. DEL SOCCORSO. 08 MAGGIO 2025