18 Giugno 2025
OMELIA DI S.E. MONS. GIUSEPPE MENGOLI IN OCCASIONE DELL’ORDINAZIONE PRESBITERALE DI FRA’ FRANCESCO GRAZIANO NISTA

I.
“Sia benedetto Dio Padre, l’unigenito Figlio di Dio e lo Spirito Santo, perché grande è il suo amore per noi”. Noi benediciamo Dio, nel mistero del suo amore trinitario, e Dio benedice noi che, attorno all’unico altare, stasera, in questa Cattedrale, desideriamo essere ad “immagine della Trinità”. La regola più importante per chi sceglie di stare insieme è quella della condivisione. E noi oggi vogliamo condividere la gioia nell’accogliere la generosa disponibilità di fra’ Francesco che, figlio di questa Terra, frate cappuccino e già diacono, ora sta per essere ordinato presbitero. Di quanti doni ti ricolma il Signore, caro fra’ Francesco! Non solo stai scoprendo che i suoi doni non conoscono l’usura del tempo, ma anche che ciò che si riceve da Lui è sempre molto di più di ciò che gli si può donare, anche quando, come nel tuo caso, si è disposti a ricambiare l’amore ricevuto con tutto se stessi.
Tutta la nostra esistenza, infatti, non è altro che una pallida risposta al Signore, che, a chi ha la tenacia di cercarlo, si rivela come fonte di “amore” infinito e totale, come Colui che non è mai stanco di noi. Per essere un vero credente non basta, infatti, la definizione teorica di un Dio amore, imparata magari tra i banchi del catechismo. Se non se ne fa l’esperienza personale, ogni affermazione su Dio, anche la più bella, risulta vuota e non sarà mai in grado di incidere sul vissuto concreto. Cosicché possiamo affermare credibilmente che egli è amore, solo se siamo sorretti da una fede vissuta che attraversa la vita in tutte le sue dimensioni.
Ecco perché, caro fra’ Francesco, questo momento, decisivo per te, di riflesso, è importante anche per noi. Stasera e, da stasera in poi, tu, infatti, sarai testimone dell’incontro con Dio, con un Dio che ha avuto il potere di cambiare la tua esistenza, che si è presentato come la perla nascosta nel terreno della tua vita, che è in grado di fare nuova in te ogni cosa e soprattutto il tuo cuore. Sarai testimone di quel Dio che prima di te, ha conquistato Francesco e Chiara d’Assisi e che ora anche tu vuoi seguire con un cuore indiviso e libero, perché attraverso di te continui a perdonare e ad offrirsi con il suo corpo e con il suo sangue. E sarai, non di meno, testimone di un Dio che ogni giorno ti verrà incontro nel volto dei fratelli e, in particolare, in quello dei poveri.
Non dimenticarlo mai! Quanto più scoprirai ogni giorno che ti sei affidato ad un Dio che non molla mai la presa su di te e su nessuno dei suoi figli, tanto più sarà generosa la tua risposta. E quanto più generosa sarà la tua risposta, tanto più la tua missione sarà eloquente e credibile.
Lasciati sorprendere ogni giorno da Lui ed Egli – ne sono certo – continuerà a venirti incontro in infiniti modi.
Sarai un segno tanto più efficace, quanto meno ti presenterai per te stesso, cercando strategie autoreferenziali, e quanto più farai di te senza pretese, in tutta umiltà, con gioia e gratitudine, un semplice e continuo rimando al Signore. E, attraverso la trasparenza della tua vita, infatti, potrai far risalire chiunque ti incontra alla sua “Sapienza”, quella cui fa riferimento, nella prima lettura, il Libro dei Proverbi. La sapienza divina, se per molti versi appare insondabile, per altri si svela attraverso la creazione, soprattutto quando guardandola ci sentiamo tutt’uno con essa e cogliamo che dietro e dentro ogni cosa c’è un meraviglioso progetto.
Sei favorito in questo, fra’ Francesco, dal sempre attuale carisma francescano, nel quale la contemplazione verso il creato è una tappa decisiva per chi fa un cammino di fede. Grazie alla contemplazione si impara ad aver rispetto della natura e delle sue leggi e si aprono gli occhi del cuore sull’unica legge non scritta a chiare lettere e che, tuttavia, può cogliere solo chi nella creazione e attraverso di essa si sente amato. Chi contempla sa, infatti, che tutto è dono, tutto è grazia e che tutto di ciò che esiste è “per noi”.
Pensa alla bellezza del Cantico delle Creature, che è diventato una delle preghiere più care della tradizione cristiana e che dal medioevo fino ad oggi ha custodito la sua freschezza. Che questo Cantico, nato nel cuore di San Francesco, dopo una notte travagliata a causa dei dolori delle sue malattie, continui nella tua vita. Ripeti anche tu, senza stancarti mai: “Laudato sì, mi Signore”. È proprio di questo che abbiamo bisogno come Chiesa. Abbiamo bisogno di una Chiesa che loda!
II.
Della creazione, poi, Gesù fa l’esegesi, permettendoci di scorgere il motivo profondo per cui ci è donata.
E anche se molti hanno tentato di spiegare il rapporto tra Dio e la terra al di fuori di un’ottica di fede, sappiamo bene che queste interpretazioni hanno sempre condotto a risposte poco convincenti. Ad alcuni è sembrato che la terra fosse semplicemente un’emanazione necessaria di Dio; altri sono giunti a pensare a un Dio orologiaio che dopo aver costruito l’orologio, lo avrebbe lasciato in balia del suo destino, fino alla sua rottura. Altri ancora hanno pensato che era più facile eleminare lo stesso Dio, dopo averlo ridotto solo a un’insignificante ipotesi. Da qui in poi la conseguenza diretta è stata quella di percepire la limitatezza del pensiero umano che a causa del suo orgoglio si è perso nei suoi labirinti. E in quei labirinti molti rimangono ancora intrappolati, credendo che a loro non rimanga altra alternativa se non quella di affidare il senso o, per essere più precisi, il non senso della creazione e, quindi, il non-senso di sé e del proprio destino, al caso e a coincidenze più o meno favorevoli.
No! La vita non è una roulette russa. E a noi che vogliamo liberarci dalle trappole costruite dal nostro stesso pensiero, Gesù chiede di sbrogliare la matassa delle idee spesso troppo complicate, prendendone il bandolo e il bandolo, come affermava Benedetto XVI, è che “Dio non vive in una splendida solitudine”, ma ha voluto imprimere in noi come prova della sua vicinanza l’anelito alla felicità e la capacità di amare. Egli ci chiede di non fermarci all’ammirazione della natura, fine a se stessa, un po’ come fanno i turisti, ci esorta a non sostare a metà percorso nella ricerca della verità e, nello stesso tempo, ci da tanti segnali come in un’avvincente caccia al tesoro, per invogliarci ad andare fino in fondo. È proprio così: Dio impegna tutta la sua sapienza nella creazione solo per renderci felici! Ce lo ricordava anche papa Leone XIV nella sua visita alla Basilica di San Paolo fuori le mura, il 20 maggio sc., quando ha affermato che: “All’origine della nostra esistenza c’è un progetto d’amore di Dio, e la fede ci porta il nostro cuore a questo mistero di amore e a vivere come persone che si riconoscono amate da Dio”.
È una motivazione tanto semplice, quanto disarmante, perché ha il potere di cambiare i nostri parametri e molti dei nostri criteri di azione.
III.
Ma non è ancora tutto. Poiché, come ricordavo, Dio non è solitudine, attraverso il Verbo fatto carne rivela la sua identità più intima, la sua paternità cioè. Noi, suoi figli, siamo la sua unica preoccupazione! E questo lo si comprende proprio nel momento della croce, quando Egli stesso ricuce quel patto di alleanza che l’umanità aveva strappato con il suo orgoglio e la sua disobbedienza. Gesù, in unità con il Padre, abbatte ogni distanza per recuperare chi era perduto. Si mette accanto ad ognuno, condividendone ogni dramma, ogni fatica, ogni dolore. Riconduce l’uomo alla verità di se stesso e lo apre all’amore e, come supremo atto di fedeltà, lo seduce con il dono totale di se sulla croce.
Con il suo amore misericordioso il Signore mette sotto scacco la ribellione dei suoi fratelli e la loro ostinata caparbietà a farcela da soli, che li porta a presumere di potersi porre a misura di tutte le cose, del proprio destino e, addirittura, di quello degli altri.
Caro fra’ Francesco, ti invito a questo appuntamento con la croce per entrare con tutto te stesso nella vertigine di un amore totale, radicale, definitivo! La fecondità del tuo ministero – lo sai – dipenderà da come vivrai l’incontro con il Crocifisso. “La fecondità della Chiesa dipende dalla croce, altrimenti è apparenza” (Leone XIV nella memoria liturgica di Maria, Madre della Chiesa – 9 giugno 2025).
Nell’incontro quotidiano con Lui, infatti, scoprirai, forse con le lacrime agli occhi, che Egli è l’inesauribile sorgente della tua vita, è via sicura che conduce alla pienezza della tua esistenza ed è la non negoziabile e irrinunciabile verità che riuscirai ad accogliere se continuerai a cercarla con pazienza, tenacemente e con tutte le tue forze.
IV.
Non sarà allora un miraggio quello indicato da San Paolo ai Romani, quando scriveva loro: “Siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo”. Sì! “Siamo in pace con Dio” perché abbiamo scoperto che tutto proviene dal suo amore e tutto tende a Lui. “Siamo in pace con Dio” quando, superando ogni forma di chiusura, riusciamo a stare nelle relazioni con gli altri per amare e per essere amati. “Siamo in pace con Dio”, perché la presenza del Signore e del suo Spirito ci rende forti anche davanti alle difficoltà. Anzi, la certezza della sua presenza ci permette, addirittura, di “vantarci” nelle avversità perché ci faranno passare dalla pazienza nell’ora presente, che per quanto possa sembrare interminabile, è pur sempre breve, alla speranza dei tempi futuri, a quella nuova dimensione che appartiene solo a Dio e che ci è offerta come dono decisivo, come la chiave di volta dell’intera esistenza. Sappiamo bene, infatti, che quei tempi futuri sono già realizzati in Cristo risorto e che Egli, come nostra primizia, come nostra speranza, è in grado di rimetterci in piedi per ricominciare anche quando tutto sembra irrimediabilmente spacciato. L’amore vince su tutto e questo, se lo crediamo veramente, può valere anche per noi. Non è questo forse il senso della “perfetta letizia” che Francesco chiese di scrivere a Frate Leone?
Ma qual è la porta d’accesso a tutto ciò? Come fare perché questo non rimanga una bella utopia? La porta è la fede.
La fede è accessibile a tutti, ma è troppe volte data per scontata, invece di essere ciò di cui meravigliarci ogni giorno. E poiché ognuno vive la fede come sa e come riesce, siamo sollecitati ad accoglierla in tutte le forme in cui si esprime, pur sapendo che essa è sempre la medesima. Ne vorrei, tuttavia, richiamare due caratteristiche: la sua dimensione comunitaria e quella personale.
Se da una parte, infatti, abbiamo ricevuto la fede da chi ci ha preceduto (pensiamo ai nostri genitori, ai nostri nonni, ai sacerdoti che abbiamo conosciuto, ai nostri catechisti) e tutt’ora ci sentiamo sorretti dalla fede di una comunità che cammina accanto a noi, dall’altra comprendiamo quanto sia importante per credere, entrare in sé, raggiungere la verità di se stessi, arrivare al cuore della propria vita e verificare la luminosità della propria interiorità. È qui che troviamo la porta principale di accesso all’incontro con Dio, una porta che – ahimè –, nonostante tutto, potrebbe essere ancora chiusa o non spalancata totalmente, come penseremmo.
È necessario saper entrare nel proprio cuore per scoprire che il Signore ci attende proprio lì e che con il suo sangue raggiunge anche le pieghe più nascoste della nostra anima, lenisce le ferite, irrobustisce le nostre fragilità, riscalda la nostra freddezza. Così, in Lui, sarà finalmente pace! Se poi saremo in pace, doneremo pace. Anche senza saperlo.
V.
Ma la perla di gran valore che ci consegna la liturgia della parola di oggi, attraverso la pagina del vangelo di Giovanni, è che per essere capaci di portare il “peso” di questo immenso amore che, pur essendo infinito, è a portata di mano, è importante saperci liberare da ogni altro peso, bisogna saper diventare poveri, spogliandoci di tutto. Amare “sora povertà”, fra’ Francesco, non è un gesto plateale, ma sarà un umile esercizio quotidiano che ti renderà sempre più “capace di Dio”, come lo fu Maria che era così vuota di sé, tanto da diventare “ricca, stracolma di grazia”. Lei lo fu fin dall’aurora della sua esistenza e lo è ancora di più ora, essendo la “quarta in Trinitate”, come la definiva il gesuita Alfonso Salmeròn. È Lì, in cielo, in Cristo e insieme con la Vergine Maria, con gli Angeli e con i Santi, il nostro cantico di lode non avrà più fine.
Carissimo fra’ Francesco, ti auguro di essere il cantore di quell’Amore che dal momento in cui lo hai incontrato, ha continuato a sorprenderti ogni giorno; sii il cantore delle meraviglie della creazione, luce riflessa dell’“Autore della vita”; sii il cantore della comunione divina nella quale sei stato chiamato a farne parte, sii il cantore della croce, vittoria definitiva della vita sulla morte, dell’amore sull’odio, sii il cantore della povertà per continuare a dirci che sei ricco e felice dello Spirito, sii il cantore della fraternità, della fraternità con chiunque, soprattutto con i poveri, quale via maestra per arrivare al cielo. Amen.
Cattedrale di San Severo,
14 giugno 2025
